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La responsabilità solidale per le spese condominiali in caso di vendita di un immobile.

La recente pronuncia della Cassazione.

Nel contesto di una compravendita immobiliare, le spese condominiali arretrate possono generare controversie legali complesse e potenzialmente problematiche, causando così non poche preoccupazioni per entrambe le parti coinvolte nella transazione. La legge disciplina questa materia attraverso l’art. 63, comma 4, delle disposizioni di attuazione del codice civile, il quale prevede una responsabilità solidale tra venditore e acquirente per il pagamento dei contributi condominiali che si riferiscono all’anno in corso e a quello precedente al passaggio di proprietà dell'immobile. Questo significa che l’amministratore di condominio ha il diritto di richiedere il pagamento delle spese non corrisposte, sia al venditore originale che al nuovo proprietario, ma limitatamente a questo specifico arco temporale definito dalla normativa vigente. Tuttavia, può accadere che l’assemblea condominiale approvi un bilancio che addebiti al nuovo proprietario spese risalenti a periodi precedenti a quelli stabiliti dalla legge, sollevando questioni di legittimità. Questo crea quindi la necessità di stabilire se tale decisione assunta dall'assemblea condominiale sia legittimamente impugnabile e se la delibera in questione risulti nulla o annullabile in base alle disposizioni vigenti, aggiungendo un ulteriore livello di complessità alla situazione.

Un caso emblematico, che ha suscitato grande interesse e dibattito, è stato affrontato dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza del 24 luglio 2024 n. 20601, la quale ha fornito chiarimenti di notevole importanza su questa delicata e complessa questione giuridica.

Nel caso specifico, un nuovo proprietario di un'unità immobiliare si era visto addebitare dal condominio un importo consistente, e a volte considerato eccessivo, per spese relative a periodi di tempo che precedevano i due anni di competenza. Tale proprietario ha impugnato con decisione e determinazione la delibera assembleare, contestando la presunta violazione dell’art. 63, comma 4, disp. att. c.c., ottenendo così in tribunale la revoca del decreto ingiuntivo precedentemente emesso contro di lui. La Corte di Appello ha confermato la nullità della delibera, sostenendo che una decisione dell’assemblea che modifica unilateralmente i criteri di ripartizione delle spese è, di fatto, illegittima e priva di fondamento legale.

Tuttavia, la Cassazione ha sorprendentemente ribaltato questa decisione, chiarendo con precisione e autorità che la delibera non era da considerare nulla, ma semplicemente annullabile. Secondo la Corte di Cassazione, una delibera che ripartisce le spese condominiali in violazione dei criteri previsti dalla legge non è da considerarsi nulla, poiché la nullità si verifica solo quando l’assemblea decide di modificare permanentemente e in modo programmatico tali criteri.

Nel caso in esame, la delibera aveva sicuramente violato i criteri legali stabiliti, ma non li aveva modificati in maniera definitiva; pertanto, essa doveva essere considerata annullabile piuttosto che nulla. La differenza tra nullità e annullabilità è fondamentale e cruciale: una delibera annullabile deve essere impugnata entro il termine di 30 giorni stabilito dall’art. 1137 del codice civile. Se il condomino non agisce entro questo specifico e rigido termine, la delibera successivamente diventa valida e vincolante, nonostante la sua irregolarità e i problemi giuridici che comporta.

Conclusioni


La pronuncia della Cassazione stabilisce un principio fondamentale e di grande importanza per i proprietari di immobili situati in condominio: le delibere condominiali che violano i criteri di ripartizione delle spese comuni sono considerate annullabili, e non nulle, a meno che non modifichino i criteri stessi in modo permanente e definitivo. Questo significa che tutti i condomini che ritengono di aver subito un addebito ingiusto e non conforme devono impugnare la delibera entro e non oltre 30 giorni, pena la decadenza del loro diritto di contestazione. Si tratta di un principio significativo, che da un lato garantisce una tutela adeguata e effettiva dei diritti individuali dei condomini, dall’altro assicura una gestione corretta e ordinata delle spese comuni, mantenendo il rispetto delle normative vigenti in materia.